Nel nostro Paese il femminicidio ha da tempo raggiunto le proporzioni di una strage. Non passa giorno senza la notizia del brutale assassinio di una donna e non c’è mai fine allo stupore e all’angoscia di apprendere che l’uccisore è il partner della vittima. La brutalità di questi crimini stordisce e indigna ogni volta come se si trattasse di omicidi improvvisi, di storie sempre nuove e inedite. Eppure, ogni femminicidio contiene, in filigrana uno schema sottostante, un comune denominatore psicologico di dipendenza affettiva e di sottomissione che riconduce a un canovaccio comune.
Sono almeno quattro i passaggi che, all’interno di una relazione di coppia, preludono al tentato omicidio della partner o al femminicidio vero e proprio:
- il controllo;
- l’offesa verbale e fisica;
- la sottomissione della vittima;
- il tentato distacco.
Il controllo. Ogni storia di violenza sulle donne é attraversata dal crescente bisogno di controllo del partner. Vuole sapere cosa faccia e con chi stia la “sua” donna in ogni momento della giornata, a chi telefoni, chi siano i suoi amici, anche quelli su Facebook, pretende il controllo del cellulare, a volte anche dell’email. A volte, il partner impone le sue pretese in modo diretto ma più spesso ottiene l’obiettivo generando nella vittima il terrore di attuare comportamenti sbagliati e una conseguente sottomissione tacita. Accade cioè che per non urtare la suscettibilità del partner, la ragazza finisca per auto-limitare la propria libertà: rinuncia alle amicizie maschili, evita ogni frequentazione giudicata negativamente dal carnefice e impara a mentire alle persone più care per nascondere la natura vessatoria del la relazione.
La conseguenza più diretta della sottomissione al controllo è l’isolamento sociale della donna, costretta a legarsi sempre più strettamente al partner come unico riferimento affettivo.
Perciò è fondamentale riconoscere le richieste e i tentativi di controllo come seri indicatori di pericolo, farlo il prima possibile e, soprattutto, opporvisi con fermezza rigettando ogni ricatto e ogni giustificazione con cui il partner cercherà di imporre le proprie regole. Occorre riflettere sul fatto che nessuna relazione è sana quando si basa sul sospetto, sulla sfiducia e sul sacrificio, interiorizzare questo principio e affermarlo all’interno della coppia.
L’offesa verbale, l’abuso psicologico e la sopraffazione fisica. Una relazione letale si sviluppa attraverso episodi di offesa accompagnati da atteggiamenti gravemente svalutanti verso la vittima. Ciò avviene inizialmente con gradualità: il partner cerca di capire sin dove può spingersi nella prevaricazione e, quindi, somministra dosi crescenti di insulti e di vessazioni per ottenere l’assuefazione della partner a condotte violente e inaccettabili.
I primi bersagli sono la fisicità e la sessualità della vittima. Commenti sulla forma fisica e sul modo di vestire e attacchi sulla sua disponibilità sessuale costituiscono il prologo di una storia che continua nel l’abuso psicologico e che vede la donna soccombere a offese sempre più pesanti e insistenti sulla sua intelligenza e personalità.
L’esito frequente di questo sistema è che la vittima finisce per convalidare l’immagine negativa di sé fornita dal partner: si convince che, in fondo, lui ha ragione a considerarla una nullità e a comportarsi di conseguenza. Il momento in cui la relazione lambisce pericolosamente il confine dell’aggressione fisica e dell’omicidio, arriva quando la donna é esausta e cerca tardivamente di sottrarsi alla dipendenza dal suo aguzzino, ormai instaurata come un dato di fatto.
Per questo, bisogna bloccare sin dall’inizio ogni forma di insulto verbale e di svalutazione ricevuti dal partner. Imparare a dirsi che nessuno, e meno che mai la persona con cui si intrattiene un rapporto sentimentale, può arrogarsi il diritto di aggredire, di insultare e di colpire. Occorre fermare immediatamente e senza attenuanti il partner e respingerlo senza appello. Invece, l’errore ricorrente negli amori criminali è il tentativo della vittima di “entrare nella mente del compagno”, di cercare a tutti i costi spiegazioni e chiarimenti e di illudersi di poter ricomporre la relazione diventando più comprensiva.
Contare sino a 1. Uno è il numero della salvezza. Contare sino a uno vuol dire che alla prima offesa grave, al primo spintone, schiaffo, pugno o calcio la relazione deve concludersi e la donna deve sottrarsi al ruolo di vittima in modo fermo e inappellabile. Vale lo stesso per condotte di controllo e violente scenate di gelosia: conta sino a 1 e scappa, interrompi ogni contatto, cancella per sempre quella specie di amore. Non ci saranno ‘metà culpa’, lettere, sms, mazzi di rose, regali o promesse, pianti, implorazioni che tengano. Qui il vero nemico della donna è la tendenza a offrire nuove possibilità continuando a dialogare col suo potenziale assassino mentre si auto-illude di un cambiamento possibile.
Cercare aiuto. Contare sino a 1 vuol dire anche cercare aiuto al primo episodio di violenza, parlarne, dichiararlo, raccogliere opinioni e consigli di parenti e amici. Ovvero, evitare di proteggere il partner e cercare di ‘coprirlo’, come invece succede sistematicamente nelle storie di abuso relazionale. Purtroppo, la vittima patisce un’alterazione del senso di realtà, è essa stessa prigioniera di un sistema affettivo distorto che la avviluppa e che la spinge, impulsivamente, a cercare soluzioni diverse dalla totale astinenza dal rapporto. Inoltre, in alcuni casi, la dipendenza psicologica è sostenuta da condizioni di dipendenza economica e, quando la coppia a figli, dal desiderio di proteggere la prole dal trauma della separazione.
Impara a dirti che non sei sola, a ripeterti che non sei tu a sbagliare ma che ci sono uomini che come il tuo ‘tuo’ attivano dinamiche patologiche e ti ammalano, ti infettano. Non é un amore ma una malattia potenzialmente mortale che si può e si deve curare.
Una strage silenziosa. C’è poi una strage silenziosa, certamente più ampia di quanto testimoniato dalle statistiche: per ogni donna assassinata sono centinaia e, forse, migliaia, quelle che sopravvivono alla dipendenza affettiva e si condannano alla morte vivente dell’abuso e del sopruso, del ricatto affettivo e della sottomissione sentimentale.
Enrico Maria Secci, Blog Therapy
http://enricomariasecci.blog.tiscali.it/2015/11/25/violenza-sulle-donne-e-femminicidio-come-sottrarsi-a-una-relazione-mortale/?doing_wp_cron
Il mostro con cui sono stata anni mi ha fatto vivere tutto ciò descritto sopra. Il mostro è molto scaltro, per cui ha cominciato gli abusi verbali, psicologici, emotivi nel momento in cui ero più fragile: in gravidanza. Gli attacchi di violenza fisica sono poi arrivati quando ero ancora più fragile: appena partorito e ancora stordita dal parto e con un frugoletto di pochi giorni. Prima il mostro mette la sua vittima in una condizione di dipendenza estrema, poi nel momento in cui questa è più fragile e debole ci si scaglia contro. Non ho mai tollerato violenze di alcun tipo nelle mie precedenti relazioni, e sono una persona affatto debole o tendente alla sottomissione. la verità è che uno psicopatico riesce a fare di donne forti e affatto dipendenti delle prede moribonde. Dovevo scappare prima, mi dico. Poi mi dico pure: ma guarda come ha lavorato bene il mostro. Nel momento in cui attaccano hanno già isolato la loro preda. La mia colpa non è quella di aver contato fino a 10, ma quella di aver avuto fiducia nella maschera che copriva il mostro.
Sei fuori, alla fine. Ci hai messo un pò ma leggi tutto in modo nitido. Non riesce a tutte. Sii orgogliosa e perdonati le debolezze del passato. 🙂
sono stati tre i miei di mostri, mia cara.come te mai subito nulla di simile.amata, rispettata, protetta fino all’incontro col primo, mio ex marito, poi , indebolita, il secondo, um gran maestro dell’inganno, ragno gigantesco; infine l’ultimo, lupo vestito d’agnello, ,bianco e tenero mentre piangeva forte onde coprire il suono del ghigno e dei denti pronti a dilaniarmi.io? Come te, alice pronta a carezze, davo fiducia e amore e ricevevo morsi che più della carne strappavano l’anima , d’improvviso, senza ragione, senza mia colpa , senza, ,ripetevo ad una me ormai allo stremo, motivo.feroce contro la vita, il motivo lo aveva:distruggere chi sapeva amarlo, sapeva (e per sua sfortuna) sa amare.povera creatura morta convinta d’esser viva.brava!
Marina, mi dispiace molto per queste orribili esperienze. Devi essere orgogliosa di te per esserne uscita, dato che non è affatto scontato riuscirci. Usano le debolezze altrui per essere più efficaci, e una persona innamorata (specialmente se è capace di amare intensamente, è leale, si fida, è generosa) è la creatura più facilmente manipolabile al mondo.
Hai ragione purtroppo. Ma sono convinta che se avessi avuto le informazioni che solo con gli anni ho cercato e trovato individiando esattamente il NP e le dinamiche connesse, molto probabilmente mi sarei sottratta prima così come molte di noi.oltre l’amore e la dipendenza e confusione indotta da loro ha influito anche l’idea che potessero cambiare, che il volto del mostro fosse solo originato dalla loro sofferenza o incapacità ma che pian piano come promettevano piangendo quel volto sarebbe scomparso lasciando il posto al volto buono che loro dicevano essere il vero se’.vai a capire, non sapendo nulla di psicopatia, che il lato buono era una invenzione manipolativa e che hanno un solo volto:il mostro ed il vuoto incolmabile su cui il mostro ha le proprie solide e mortifere radici. Un abbraccio e benvenuta tra noi
Questo articolo l’ho riletto oggi, dopo l’atroce uccisione di Sara. Sembra proprio che la tolleranza e la pazienza delle donne verso atteggiamenti violenti, come per esempio comunicazioni insistenti, pedinamenti, e ogni altro superamento delle barriere personali, sia da scoraggiare con ogni mezzo. Quando una donna subisce pressioni emotive e psicologiche, anche se non ancora fisiche, è bene che assuma un atteggiamento di estrema cautela e auto-protezione. Per fortuna, non tutti questi comportamenti violenti sfociano in efferati crimini come quello di ieri, ma nel dubbio è bene rimanere in guardia e avvertire amici, famiglia, legali e forze dell’ordine del pericolo percepito. La regola del contare fino a 1 può salvare la vita.
Cara Astra, ripensando a tutte le volte che lui perdeva le staffe e abusava violenza, incolpandomi poi di quello che accadeva, mi chiedo ora a distanza di due mesi dalla fine, ora che casualmente ho saputo che probabilmente già vede un’altra ( mentre io raccolgo i pezzi della mia esistenza e sto male) mi chiedo se con lei sarà diverso…se sarà felice e se lei potrà dargli quello di cui io non sono stata capace…La rabbia e la disperazione mi annebbiano completamente…mi sento vuota ed inutile…
Anna, lo ripeto e ripeto e ripeto: CON LEI SARA’ ESATTAMENTE LO STESSO INDIVIDUO CHE E’. Incostante, senza coscienza e senza cuore. Vai in chiesa e fai una preghiera per lei. E, ovviamente, ringrazia il Signore che il bersaglio ora sia lei. 🙂
…certe volte mi chiedo se il mio modo di essere abbia accelerato le violenze. Prima stava con un’altra ragazza, 5 anni con lui, io sono durata un anno e mezzo… quali sono le dinamiche che portano alla tempistica delle storie?
Dipende da tanti fattori: capacità di sopportazione, convenienza, pressione. Da tante cose tranne una: i sentimenti.
Tante parole e pochi fatti. Questa caratteristica l’ho capita ora, prima ero accecata e stordita da tutte le grandi cose che diceva … e ci credevo pure. Mi sembrava un uomo eccezionale e invece … al primo ostacolo ha voltato le spalle e mi ha riversato tutte le colpe del mondo. Senza possibilità di appello. Lui è il giudice, lui il Dio.
I suoi insulti erano sempre velati lasciavano spazio alla mia interpretazione, mi controllava, raccoglieva informazioni sui miei potenziali “amici” e alla fine ha detto basta alle sue “fantasie”. Penso che abbia cercato prove per chiudere la storia. Il viscido, però, nel finale ha voluto esibirsi in una scena degna di oscar, mi ha detto che mi lasciava perché aveva un’altra. Finta vittima, carnefice mascherato da buon samaritano. Mi ha detto che è felice. E’ difficile capire queste menti, anzi non è possibile, vivono su un altro binario fatto di permalosità, arroganza, diffidenza, presunzione … in tutto il tempo della relazione dovevo sempre calmarlo e lo fermavo quando voleva polemizzare con gli altri, non si sentiva a posto se non dava il suo apporto -negativo- alle discussioni. Quando non era negativo era comunque fuori dalle logiche comuni. Sempre e comunque fuori dal coro. Per lui era una questione di orgoglio impuntarsi “per non farsi prendere per il naso”. Era così e a me sembrava furbo, ora capisco che i suoi comportamenti erano standard di persone fortemente disturbate. Dopo aver rotto il nostro rapporto lungo 9 anni, si è isolato da tutti. A me il doloroso compito di sanare la mia anima dilaniata, a me il compito di dimenticare, a me il compito di trovare delle ragioni e spiegazioni, a me il compito di trovare me stessa e recuperarmi. A me il compito di vivere dopo questa “malattia”, si sta male e solo qui, grazie ad Astra e a tutti voi, riesco a trovare un poco di beneficio … non so cosa sarebbe successo se fosse continuata la relazione, ma so per certo che l’odio nei confronti dei miei “corteggiatori” era talmente tanto che progettava di danneggiarli … non so cosa mi sarebbe successo … in realtà solo uno spintone ho ricevuto con tanto di scuse e mi ha poi tranquillizzata dicendo che non dovevo avere paura di lui … penso che fosse consapevole di avere qualche disturbo e sapesse controllarsi e mostrarsi diverso. Che sfortuna ad aver incontrato ed amato lui.
ps. per Penelope, ho dovuto cambiare l’indirizzo mail e non ho più il tuo indirizzo.
“A me il doloroso compito di sanare la mia anima dilaniata, a me il compito di dimenticare, a me il compito di trovare delle ragioni e spiegazioni, a me il compito di trovare me stessa e recuperarmi. A me il compito di vivere dopo questa “malattia”…”
Cara Saretta,
ti capisco perfettamente. E’ quello il compito più difficile che ci aspetta, dolorosa eredità di una relazione che, per noi, era amore e invece si è rivelata una farsa, durata tanti anni.
Anni in cui, parlo per me, avevo fiducia incondizionata in lui e mi sono illusa che mi amasse.
Anche ha me ha detto che è felice senza di me, colpevolizzandomi per la fine del rapporto.
All’inizio mi aveva pure convinto, però quel campanello che risuonava nella testa mi ha fatto capire che non è così, ora lo so.
Dovrò fare tanta fatica ma è meglio non avere più accanto una persona del genere, l’esatto opposto dell’uomo del quale mi sono innamorata e che non è mai stato.
…a me…( ho visto ora l’errore, tra cancellare e riscrivere)
Scusate.
Che dolore immenso.. non si può neanche immaginare finchè non lo si prova. Stamattina lui mi ha mandato un asettico messaggio di auguri per una mia ricorrenza. Mi ha fatta scivolare di nuovo sulla bocca del pozzo. Che senso ha. Che senso ha, che mi faccia gli auguri.
Da un lato mi suscita una dolente pena, forse questo è il massimo che riesce a fare per dire qualcosa… che non riesce a dire. E dall’altro mi rigira il coltello nella ferita perché penso che forse vorrebbe dirmi qualcosa e non ce la fa.
Io vorrei che lui mi dicesse che è felice. Ma vorrei che fosse davvero, felice.
Invece mi manda questi segnali incoerenti. Prima viene a casa mia a offendermi e a dirmi che sono una forza distruttiva, poi mi impedisce di avvicinarmi al posto al quale lui sa che io tengo di più al mondo…sapendo di punirmi nel peggiore dei modi…. poi mi fa gli auguri.
Aiuto.. aiuto aiuto….
forza anima mia… “Io ti seguirò, nell’abisso più profondo… e piangeremo insieme, lagrime di luna… e poi risaliremo abbracciate alla fortuna, di essere vicine e oltre ogni confine riprendermo il volo, senza sfiorare il suolo….” (Anima di neve, di Fiorella Mannoia, ascoltatela….)
.ps. Saretta per l’indirizzo se vuoi scrivermi credo dovresti chiederlo di nuovo ad Astra, il mio è sempre lo stesso.
“Per il manipolatore affettivo, la sola cosa importante è guadagnare la certezza di aver lasciato un ricordo di sé, di aver piazzato al centro della vita di qualcun altro una solida ed imperiosa statua a propria immagine e somiglianza, al cospetto della quale gli altri uomini o donne, saranno ridotti a passanti microscopici, ad esili figure umane annientate dal fulgore della propria invadenza postuma.
Lo scopo più o meno consapevole del narcisista perverso è sterilizzare emotivamente l’altro, così da lasciarlo come mummificato in uno stato di adorazione perpetua. Esattamente, come nel mito narrato da Ovidio e da Conone accadde alla ninfa Eco, condannata a vagare per sempre da sola nei boschi, incorporea e avvilita dall’amore negato.” (tratto da un articolo del Dott.Secci)
Stamattina mi è ricapitato sotto gli occhi questo articolo del Dott. Secci, spiega molto bene il perché di tanti atteggiamenti ambigui e contraddittori di questi personaggi.
Nessuna domanda che ci siamo poste potrà avere una risposta, dobbiamo farcene una ragione, purtroppo.
Ogni volta che mi si affaccia alla mente qualche bel ricordo, lo scaccio e gli dico “Addio”, sono sempre più rari e sbiaditi ora che non li alimento più.
Io posso non vederlo, a differenza di molte di voi, abitiamo anche molto distanti.
Però, per essere sicura di non incontrarlo, non seguo momentaneamente una mia passione…mi costa tanto a livello di endorfine e gioia di vivere, momenti sereni condivisi con tanti amici.
Cara Penelope, ti mando un abbraccio.
Forza Penelope cerca di essere forte e non cadere nell’errore di tentare di capire la sua incoerenza con logiche normali. Non cercare spiegazioni nei suoi comportamenti, non si possono trovare dal momento che ragioniamo in modo diverso.
Certo che fa male, anzi malissimo, i messaggi equivoci non ti portano a niente, solo grande confusione. Magari vuole dirti qualcosa, ma non giustificarlo, essere chiari non è difficile per la stragrande maggioranza della gente! Cerca di proteggerti, non farti soffocare da ogni suo minimo movimento, cerca di essere lucida e valuta le cose per come stanno, non per come te le fa vedere l’emozione.
Penso che da quando siamo state messe al mondo i nostri genitori avessero progetti ben più grandi che questo stare male. Non sciupiamo tutto per un uomo. Raccogli le tue forze, la tua anima e non pensare al male, pensa al tuo benessere, ti meriti, ci meritiamo una vita degna di essere chiamata tale e non solo sofferenze e dolori inflitti da uomini senza scrupoli e prepotenti. Non farti condizionare da lui … metti te stessa sull’altare e trova un equilibrio in cui tu possa stare in pace, seppur con questo doloroso bagaglio … anche io sto malissimo, oramai non spero più niente … voglio solo “ripararmi”, trovare un modo per tornare ad essere Io, quella che rideva ed era felice … anche senza di lui … Oramai so di essere caduta dentro quel meccanismo perverso della dipendenza, ma ne voglio uscire con tutte le mie forze. La mia dignità è al primo posto e anche a costo di “morire” dento non la voglio barattare per niente e nessuno. L’ho amato quell’uomo, ma chi non sa perdonare e trovare un modo per costruire una relazione sana evidentemente non è per me. Non smetto di progettare il mio futuro, non smetto di trovare nuovi stimoli, anche se ho come la sensazione di non provare piacere in niente. La violenza con la quale la mia psiche è stata abusata non mi permette ancora di sganciarmi dalle sue logiche malsane che ho fatto mie a causa del suo potere su di me. Io mi fidavo per cui sono stata “deprogrammata” … ora capisco che ci vuole del tempo per riportare tutto su un livello mio e solo mio.
Rottame … questo mi sono sentita senza di lui … un rottame, ma se mi guardo bene, non vedo affatto un rottame, vedo una “bella” ragazza che sta lottando con tutte le sue forze per riprendere il timone della sua nave. Dentro si, mi sento un rottame, ma significa dargliela vinta al suo squilibrio e allora? Allora penso che ogni giorno che passa è un giorno senza di lui, ma un giorno in più per la mia liberazione.
Su Penelope non incartarti in ragionamenti astrusi … trova quella forza che c’è sicuramente dentro di te e trova la tua chiave … per stare dignitosamente.
Ps. Gentilissima Astra, potresti rigirarmi l’indirizzo di Penelope? Grazie non è una semplice parola … ma lo sento dentro … è gratitudine per questo blog e per come ci hai accolte.
Grazie, mi aiutate molto, sento davvero l’obbligo di dirlo. DIciamo che rispetto a qualche tempo fa sono “migliorata”. Ora sto male, ma non gli ho risposto.
Qualche settimana fa probabilmente lo avrei fatto. Lo avrei persino ringraziato….
Grazie Stellina e Saretta e, appunto, davvero non è un ringraziamento per educazione.. è proprio la mia anima che avverte le vostre carezze.
Anche voi mi aiutate molto, vi ringrazio dal profondo del mio cuore.
La comprensione per quello che abbiamo subito e la sofferenza che stiamo affrontando è una “spinta” metaforica nella direzione giusta, per ritrovarci e ritornare alla vita !
Grazie ad Astra e a tutte voi…
P.S: Penelope, le carezze all’anima non ti mancheranno mai. Te le meriti!