Si dice che se ti bruci con il fuoco non metterai più la mano nel forno caldo. Non è sempre così; qualche volta, è lo stesso abuso a legare emotivamente le persone a colui che lo esercita. Ci sono studi, infatti, in grado di dimostrare che la violenza psicologica, quando è condita da piccole gentilezze, può creare un legame tra vittime e abusanti anche più coinvolgente di quanto possa fare un comportamento corretto. Anche se faccio ricorso alla parola “vittima” per identificare chi soffre per mano di psicopatici, devo ammettere che non amo particolarmente questo termine per una serie di ragioni: in primo luogo, evoca un senso di passività, come se la donna non fosse responsabile della decisione di stare con lui o, peggio ancora, di rimanerci quando la maschera inizia a traballare. E’ difficile che lo psicopatico obblighi fisicamente qualcuno a stare con lui; sebbene intimidazioni e lavaggi del cervello siano all’ordine del giorno, generalmente la donna è consenziente.
Questo non significa, tuttavia, che chi si mette con lui sia “colpevole” o meriti di star male. C’è infatti un’altra ragione per cui non mi piace chiamarla “vittima”; questo termine può ricondurre a strani pregiudizi e a idee di purità morale, di moda nel passato, che tendevano a mettere sotto processo chi riceveva l’abuso. Per esempio, se ci si vestiva in modo provocante e si andava in giro di notte da sole si veniva considerate non proprio innocenti. Della serie, “se l’è cercata”.
Questa concezione oggi è ritenuta falsa e pregiudizievole. Le donne possono essere prese di mira e maltrattate anche senza essere senza che siano proprio angeli scesi in terra. Allo stesso modo, una persona usata e umiliata da uno psicopatico non si dovrebbe sentire in dovere di provare la propria moralità di fronte all’opinione pubblica per ricevere solidarietà. Nessuno in grado di provare empatia e amore verso il prossimo si merita il lavaggio del cervello, le intimidazioni, le menzogne, gli inganni, la manipolazione e la distorsione della realtà a cui uno psicopatico sottopone regolarmente la sua compagna. Nonostante non mi piaccia questa terminologia, faccio utilizzo comunque della parola “vittima” perché credo che le donne che iniziano una relazione e rimangono con uno psicopatico verranno, sotto alcuni punti di vista, vittimizzate. Per spiegare come si può essere depredate dando il proprio contributo, partirò dall’analisi della Sindrome di Stoccolma offerta dallo psicologo Joseph Carver nell’articolo “Love and Stockolm Syndrome: The Mistery of Loving an Abuser” (drjoecarver.com).
Carver sostiene di aver sentito spesso, da parte delle donne che stanno con gli psicopatici, frasi del tipo: “so che è difficile da capire, ma nonostante tutto quello che mi ha fatto, lo amo ancora”. Provare amore per un uomo che ci tratta male in continuazione può sembrare irrazionale ma, purtroppo, è abbastanza comune. Studi psicologici dimostrano che bambini molestati, donne malmenate, prigionieri di guerra, membri di sette religiose e ostaggi spesso si legano emotivamente agli artefici delle violenze. Qualche volta arrivano a difenderli ad amici,familiari e persino ai mezzi d’informazione, alle forze dell’ordine e ai magistrati quando i misfatti finiscono in un’aula di tribunale.
Questo fenomeno psicologico è così comune che ha acquisito un nome proprio: si chiama Sindrome di Stoccolma da un incidente accaduto a Stoccolma, in Svezia. Il 23 agosto 1974, due uomini armati di fucile entrarono in una banca e tennero tre donne e un uomo in ostaggio alcuni giorni. Alla fine di questa disavventura, sorprendentemente, le vittime presero le parti dei rapitori, difendendoli davanti ai media e alla polizia. Una donna ebbe persino una liaison con uno di loro. Quelli che soffrono della Sindrome di Stoccolma sviluppano un particolare e, certo non salutare, attaccamento nei confronti di chi fa loro violenza. Finiscono per accettare bugie e giustificazioni e a volte sostengono gli abusanti nell’umiliazione di altri. Questa condizione psicologica rende difficile, se non impossibile, mettere in pratica comportamenti idonei a velocizzare il distacco da chi ci fa male, come denunciarli alla polizia, smascherarli o lasciarli.
Il legame malato si fa ancora più saldo quando si alternano carota e bastone. Quando, cioè, menzogne, imbrogli, minacce (implicite o esplicite) e persino attacchi fisici vengono intramezzati da regali, biglietti romantici, cene fuori, ammissioni di colpe e complimenti occasionali. E’ inutile dire che nella testa di qualsiasi persona normale, un biglietto carino o un bel complimento non potrebbero cancellare anni di umiliazioni. Potrebbero farlo invece, e spesso lo fanno, quando in ballo c’è qualcuno le cui capacità di giudizio e autostima sono state seriamente compromesse dalla vicinanza di uno psicopatico. Una donna del genere interpreta qualsiasi regalo, insignificanti promesse e atti di gentilezza come segnali positivi. Erroneamente crede che questa è la volta buona: che il suo compagno si impegni a cambiare, che impari ad amarla e ad apprezzarla come merita. Vuole credergli anche quando lo schema si ripete ancora e ancora, non importa quante volte lo abbia perdonato. E’ quello che viene chiamato “trauma bonding” (legame di sofferenza).
La vittima della Sindrome di Stoccolma è attaccata all’idea irrazionale che se resiste e continua ad amarlo in modo incondizionato, alla fine lui riuscirà a vedere la luce. Lo psicopatico, da parte sua, incoraggerà questa falsa speranza fino a quando avrà voglia di prenderla in giro. Intravedendo occasionali parentesi di correttezza e dolcezza nel suo carnefice, la vittima dà la colpa a se stessa quando lui torna a maltrattarla. Essendo la sua vita monodimensionale- si veste, lavora e fa l’amore in modo da poter accontentare il suo carnefice- l’autostima è completamente dipendente dalla sua approvazione e ipersensibile alle sue critiche.
Come sappiamo, comunque, psicopatici e narcisisti non possono essere soddisfatti. Le relazioni con loro sono sempre basate sul controllo, mai sull’amore reciproco. Conseguentemente, più riceverà dalla sua compagna, più pretenderà. Qualsiasi donna che si pone come obiettivo nella propria vita la gratificazione di uno psicopatico è destinata a fare i conti, alla fine, con un’autostima a brandelli. Dopo anni di maltrattamento, può sentirsi troppo scoraggiata e depressa per lasciare il suo carnefice. Lo psicopatico può avere danneggiato la fiducia che lei ha di se stessa al punto da farla sentire incapace di poter attrarre qualsiasi altro uomo. Carver chiama questa distorta percezione della realtà, che gli psicopatici comunemente provocano nelle proprie vittime, “dissonanza cognitiva”. Leggiamo:
“ La combinazione tra Sindrome di Stoccolma e dissonanza cognitiva provoca la convinzione che la relazione non solo sia accettabile, ma addirittura necessaria alla propria sopravvivenza; la vittima sente, cioè, che se la relazione dovesse finire, crollerebbe mentalmente. Le relazioni lunghe, su cui queste persone investono qualsiasi cosa, come si suol dire riponendo tutte le uova in una cesta, finiscono per il regolare i livelli di fiducia e salute emotiva”. (drjoecarver.com).
Il solo modo per fuggire da questa pericolosa dipendenza è toglierti per sempre dall’influenza dello psicopatico. Qualsiasi contatto ti tiene prigioniera nella sua rete di manipolazione e inganno. Si tratta di una logica circolare: se hai la forza di lasciarlo e la lucidità di smontare la relazione con lui, allora probabilmente non soffrirai della Sindrome di Stoccolma. Ti potrai essere persa temporaneamente nella nebbia del legame psicopatico, come lo sono stata io. Ma coloro che soffrono della Sindrome di Stoccolma si perdono in un tunnel buio e non sanno più da che parte girarsi; probabilmente avranno bisogno di aiuto esterno per vedere la luce e salvarsi. Quindi, cosa possono fare famiglia e amici per loro?
La psichiatra Liane Leedom ne parla nell’articolo chiamato “How Can I Get My X Away From the Psycopathic Con Artist”? (lovefraud.com) consigliando di adottare, verso la vittima, un comportamento morbido più che martellarla con accuse dirette al compagno, che potrebbero metterla sulla difensiva. Come abbiamo visto, gli psicopatici esercitano forme di controllo sulle vittime succhiata dopo succhiata, come vampiri emotivi. Succhiata sta per “comportamento, conoscenza, pensieri ed emozioni”. Gli psicopatici cercano di controllare tutti gli aspetti della percezione della realtà delle proprie compagne.
Per contrastare questa influenza pericolosa, bisogna contro-succhiare. Fornisci alla vittima un’obiettiva percezione della realtà e un reale supporto emotivo. Se e quando si lamenta del compagno psicopatico, non mettere il carico da mille ricorrendo alle critiche. Sicuramente proverà di nuovo a difenderlo. Cerca, piuttosto, di essere un buon ascoltatore; descrivi con calma e in modo razionale le implicazioni dei comportamenti che la feriscono; dimostra che la capisci e offrile il tuo sostegno. In questo modo, avrà un termine di paragone tra il comportamento violento del suo compagno e il tuo autentico interesse. Come abbiamo visto, uno psicopatico fa sentire la propria lei insicura e patologicamente dipendente. Incoraggia la malcapitata a trovare fonti di gratificazione che non siano unicamente motivate dal desiderio di compiacerlo.
La questione della motivazione è cruciale. Le compagne degli psicopatici di solito perdono peso, si vestono meglio, trovano un lavoro migliore, coltivano interessi più interessanti, tutti segni che possono sembrare positivi. Ma non è così se queste cose sono unicamente motivate dal bisogno di conquistare l’approvazione dello psicopatico o di evitare la sua disapprovazione. La ricerca del consenso tiene la vittima- e la sua autostima- incatenata a un uomo disturbato che non riuscirà mai a soddisfare e che non ha a cuore il suo bene. Soprattutto, suggerisce la Leedom, famiglia e amici dovrebbero rassicurare la vittima che una volta liberatasi da lui, loro saranno lì a sostenerla; che non si troverà persa, trascurata e sola, come probabilmente lo psicopatico l’ha indotta a temere per tenerla sotto il suo controllo.
Qualche volta, famiglia e amici notano comportamenti comuni nella vittima e nello psicopatico. Entrambi, per esempio, possono mentire. La Leedom e altri psicologi sostengono che, purtroppo, questo fenomeno è abbastanza diffuso. Abbiamo visto che il contatto con lo psicopatico tende a essere contagioso e distruttivo, come un virus. Distorce le tue percezioni della realtà, corrompe i tuoi valori morali e diminuisce la tua empatia per gli altri. Secondo la Leedom,
“Questo è ciò che accade quando si ha qualsiasi nesso con uno psicopatico, non importa quanto lo si conosca e se si vive o no con lui . Ecco perché raccomando fortemente ai componenti della famiglia di tagliare i contatti con questo soggetto. E’ proprio il suo sistema di rapportarsi al mondo che ruota intorno a dinamiche di potere e controllo, il cui bisogno, per lui, è estremamente personale. Lo fa con una persona alla volta, una vittima alla volta; lo fa sistematicamente, con malizia e in modo premeditato. Quando ferisce qualcuno o lo mette nelle condizioni di far male agli altri, si ferma, esulta e dice “Mi è riuscito ancora, c…o, sono grande!” (usano anche un sacco di parole volgari)”. (lovefraud.com)
Proprio come la maggior parte delle persone prova un piacere viscerale facendo l’amore, mangiando cioccolata o guardando la squadra dei propri figli vincere una partita, così gli psicopatici provano grande soddisfazione nel far male agli altri. Essi si divertono a corrompere le proprie compagne così, anch’esse, diventano manipolative, ingannevoli e spietate come loro. Per uno psicopatico, distruggere l’umanità e la moralità della propria compagna, e non solo devastarle la vita di tutti i giorni, rappresenta un trionfo personale. Questi soggetti identificano, rincorrono, isolano, corrompono, svalutano e, alla fine, scartano una vittima alla volta. Con questo non intendo insinuare, naturalmente, alcun proposito di fedeltà ma sottolineare che sono in grado di concentrare la propria energia distruttiva nella devastazione di un’esistenza alla volta, una persona alla volta. Le donne sedotte entrano in quello che gli psicologi definiscono uno “stato ipnotico”. Gli psicopatici sono in grado di estromettere dai propri comportamenti qualsiasi aspetto in grado di rivelare la verità. Si concentrano, invece, sulle parti della realtà che si possano meglio adattare a contesti distorti. Questa logica spesso si applica anche ai loro familiari. I genitori di Neil Entwistle continuavano a sostenere il figlio anche dopo la condanna per omicidio. I genitori che si comportano in questo modo, spiega la Leedom “vogliono una famiglia perfetta come chiunque altro. Razionalizzano e giustificano i comportamenti nocivi dello psicopatico” (lovefraud.com). Naturalmente, quando i genitori si spingono al punto di ignorare o giustificare un omicidio, si tratta di comportamenti che si spingono nel terreno della patologia.
Eppure, non importa quanto amore e supporto puoi offrire alla vittima di uno psicopatico, come a tutti gli individui che soffrono di altre forme di dipendenza; solo lei può salvare se stessa. Alla fine, sta a lei trovare la forza dentro di sé per affrontare la realtà.
Gli psicologi stabiliscono che, in termini generali, più a lungo si sta con uno psicopatico, minore sarà la possibilità di riprendersi. L’amore tormentato verso di lui potrà durare per tutta la vita. Ma è molto improbabile che lui resti in zona per così tanto. Se non lasci tu, ci sono buone possibilità che ti lasci lui per inseguire, altrove, nuove opportunità. Conclude la Leedom: “La questione è se questo percorso, per concludersi, ha bisogno di così tanto tempo che la vittima, alla fine, avrà perso tutto di sé. Qualora ciò si verifichi, quando la relazione cade a pezzi esiste un elevato rischio di suicidio”. (lovefraud.com)
Maggiore è la conoscenza che si diffonde sulla psicopatia, più facilmente e in tempi più rapidi le vittime potranno riconoscere i sintomi di questo disturbo di personalità. Le informazioni che diamo in questi articoli potrebbero dare loro la forza di svincolarsi dalla seduzione psicopatica e dal controllo prima che sia troppo tardi.
Traduzione Astra
When You Love Your Abuser: Stockholm Syndrome and Trauma Bonds
La Sindrome di Stoccolma

Grazie Astra per questo articolo. Io sono una di queste vittime. Sono stata in convivenza per 11 anni e devo riconoscere che lui è psicopatico. Non ho ancora eliminato tutti contatti con lui. Lui mi ha lasciato chiedendomi di andare via da casa. Alla fine ci sono riuscita. Ma possiedo ancora le chiavi e devo prendermi le mie cose. Sono passate solo 2 settimane da quando vivo sola. Credo che devo trovarmi una brava terapista per darmi una possibilità. quello che hai scritto è tutto vero. Purtroppo l’amore non guarisce gli psicopatici. L’unica stargli alla larga. Dico cosi perché sono consapevole ma sono sconvolta dal dolore di averlo perso. Non saprò mai chi è in realtà perché non si vuole rivelare. Purtroppo gli psicopatici tengono una maschera e non la tolgono. Ma io devo fidarmi solo del mio intuito, dargli ragione e stare alla larga da lui. Temo che il tutto derivi dal rapporto che ho avuto con mia madre e per questo non voglio vivere con la mia famiglia. Voglio farcela da sola ad uscire da questo incubo.
Vic sii molto cauta quando vai a prendere le tue cose, e non andare assolutamente da sola. Le chiavi non ti servono. Puoi buttarle o meglio spedirle al suo indirizzo con una raccomandata, cosí che hai documentazione di avergliele restituite. Con questi non si Sa mai.
Ciao Giusy, grazie per i consigli. Ieri è stata una giornata che ho avuto molto contatto con lui. Prima attraverso sms poi in serata ho accettato pure di vederlo in casa sua. L’ho incontrato perché mi diceva se mi ami vieni qui a fare amore. Ci sono andata perché ho voluto prendere il mio cuscino, con lui per fortuna non è successo niente di che. alla fine si avrei potuto farlo con lui ma lui alla fine non era molto interessato. È successo solo che mi sono sentita dire un sacco di bugie veramente accampate. Gli ho chiesto un abbraccio ma non ha servito a niente, mi ha abbracciato ma come un bambino che cerca di prendere affetto, era una cosa freddissima anche perché io ero arrabbiata ma cercavo una qualche sua espressione di affetto che non c’era. Lui è freddo è indifferente ed io sono dipendente affettivo da lui. È una sofferenza incredibile. È da un mese che ha iniziato con questa freddezza incredibile. sono stata li 2 ore. lui non riusciva di dirmi di andare via ed io ero abbastanza bloccata, poi c’è lo fatta. anche perché aveva iniziato a prepararsi per uscire. Mi rendo conto che ho nonostante tutto una bella forza forse perché in queste ultime settimane sto soffrendo tantissimo. Le lacrime che verso sola con me stessa credo mi servano per buttare fuori. Accettare di dover staccarmi da lui, prendendo tutte le mie cose, restituendo le chiavi, cancellandolo da facebook, whats up, non inviandogli più sms, assolutamente nessuna telefonata… quando ci riuscirò, non ne sono certa. Anche cambiare numero e cancellare il suo non sarebbe sbagliato. Spero ancora che torni ad amarmi come una volta. Forse non era amore ma solo passione come mi diceva lui, forse era solo desiderio e bisogno. Ultimamente ho continuato ad elemosinare affetto usando gli sms, cercando di suscitare una sua qualche parola di affetto. Sto ancora facendomi del male con questi comportamenti. È una dipendenza e avrò bisogno di supporto per poter smettere. O forse è una questione che …sono riuscita a smettere di fumare 5 anni fa e ce lo fatta perché avevo capito che le mie lacrime non mi avrebbero uccise e che quindi potevo smettere di fumare quando mi venivano gli attacchi di pianto, avevo capito che non dovevo accendere una sigaretta per anestetizzare più il mio dolore. Io accendevo la sigaretta per smettere di piangere, per calmare ansia e panico.
ora ho ansia e panico e lo anestetizzavo cercando il suo affetto. Lui doveva colmare il mio vuoto affettivo…ma non lo vuole più fare. Mi ha detto che non mi ama. Mi ha usato sessualmente per anni ma si è stancato. Per me ha trovato il piacere con un altra, o con altre..ed io non gli servo più. Io lo amavo, credevo che la sua passione sessuale fosse suo amore, ho scambiato sesso per amore. Il tutto per 11 lunghi anni. Mi ha distrutto e con me la mia famiglia. Devo uscire dal tunnel…
Vorrei capire meglio questo passaggio… non mi è chiaro. Mi aiutate? grazie
“Ecco perché raccomando fortemente ai componenti della famiglia di tagliare i contatti con questo soggetto. E’ proprio il suo sistema di rapportarsi al mondo che ruota intorno a dinamiche di potere e controllo, il cui bisogno, per lui, è estremamente personale. Lo fa con una persona alla volta, una vittima alla volta; lo fa sistematicamente, con malizia e in modo premeditato”
Io ho avuto una vita così, dopo tanto tempo ora mi sono ripresa e ho visto tutto il male che mi ha fatto. Purtroppo da questa storia è avvenuto un suicidio, mio figlio. Soffro di ansia depressiva e non voglio più saperne niente di lui. Ho paura però che accada a un altro figlio che diventi la vittima di turno. Anche se li ho messi in guardia è il loro padre. Ora sono grandi e possono difendersi, ma le insidie psicologiche sono peggio di quelle fisiche.
Maria Grazie tieni duro e non guardarti indietro. Un abbraccio cara
È vero, è tutto troppo e dolorosamente vero.
La mia storia è durata per anni ma sempre a intervalli e ogni volta che subivo la fase abbandonica era sempre con maggiore e più profonda sofferenza. Poi dopo tot tempo ricominciavano gli approcci e il love bombing, come se nulla fosse.. e a ogni domanda risposte evasive, cpme se parlarne gli procurasse sofferenza.. povero.. e sempre con scarico di colpa verso il fato o eventi indipendenti dalla sua volontà. E io gli credevo, lo vedevo vittima intrappolata nella sua stessa vita, una specie di eroe, costretto dalle circostanze a dirmi ogni volta addio.
C’era sempre quella voce interiore a cercare di guardare le cose con obiettività e a dirmi di ragionare ma… chi mai avrebbe pensato che potesse mentire? Ingenua, io… tanto. Credevo nel suo amore prima di tutto.. ci credevo così tanto da non prendere in considerazione altro.
E nel frattempo diventavo sempre più “lui”: bugiarda in primis, con atteggiamenti che non mi appartenevano e di cui ora mi vergogno profondamente, menefreghista, ipocrita.
Gli intervalli a me sono serviti – anche se non lo sapevo e anche se ne soffrivo tanto – a riprendermi periodicamente quella che ero… a coltivare rapporti sani e altruisti e a non perdermi del tutto. Se fossero stati anni continuativi non so cosa ne sarebbe ora di me e di ciò che ho intorno… non lo so e non voglio saperlo… perché credo che sarebbe scomparso tutto, che avrei il deserto intorno a livello umano e materiale.
Rendermi conto di quello che rappresenta é stato un passo, confidarlo a una sola persona un altro… interrotto da quello che lui è, da come mi ha plasmata e manipolata.
…come dice l’articolo… lo difendevo, io vittima difendevo e volevo bene al mio aguzzino.
È vero che la consapevolezza deve venire da dentro di noi, che facciamo muro a chi si mette tra noi e il narcisista… siamo plagiate.
Occorre tanta forza e avere la fortuna di non essersi fatte terra bruciata intorno… accorgersi in tempo.
Ora è avvenuto quel clic che mi ha fatto capire che non lo voglio più, per nessuna ragione al mondo. A giorni vacillo, ma non più in quel modo che mi fa isolare dal mondo pensando solo a lui… Spero di non cadere perché anche molti mesi fa avevo attuato il no contact, ricascandoci.
Oggi mi sento diversa, ma non ne sono fuori. È come una vera e propria disintossicazione credo. Dobbiamo crederci.
Un abbraccio a tutte, dal cuore.
La mia esperienza è stata simile, come credo quella di molte di noi.
Mi ha colpito il punto nel quale viene sottolineato che cerchiamo di essere sempre “perfette” (passatemi il termine) per compiacerli, per avere la loro approvazione.
Questo modo di essere: attenta alla linea, alla cura del corpo, ad apparire sempre curata, con un abbigliamento adatto al contesto, mai eccessiva, con dei modi garbati, educata, fanno comunque parte di me…da sempre.
Il fatto che sia una sportiva e la passione che condividiamo, erano già parte del mio essere, indipendentemente da lui.
Di sicuro ho amplificato l’attenzione a questi lati, per ricevere la sua approvazione, perché si sentisse “fiero” di avere me accanto.
Cara Firefox, io purtroppo ci ho passato sei anni, in due fasi con un distacco di un anno e l’ultimo scarto mi ha lasciato in uno stato di disperazione totale, di deprogrammazione della mia identità, mi vedevo come lui mi aveva descritto nell’abbandonarmi: una donna completamente diversa da quella che sono.
E ci credevo, mi colpevolizzavo e mi punivo.
Ero morta dentro, ero una bambina abbandonata al buio e al freddo che pensava di meritarselo, che aveva fatto qualcosa di male.
Ci sono voluti tanti mesi per ricominciare a mettere un passo dietro all’altro, per cominciare a riprendermi e a non pensare che senza di lui la mia vita non avesse più senso.
Il silenzio, prima terrificante, è diventato un’occasione di contatto con la parte di me stessa che avevo messo in un angolo, è stato la pace, è stato salvifico.
Ancora ne devo fare di strada ma se non so ancora quello che voglio (sentimentalmente), so cosa non vorrò mai più: LUI.
Ha perso tutto il potere che aveva su di me, anche nell’assenza lo ha avuto, ora sono fuori dal suo controllo e dai suoi condizionamenti che erano diventati parte del mio pensare.
Buona domenica
Cara Stellina,
Come te, il fatto di curarsi e rendersi belle e piacevoli anche io lo vedo come un gesto di amore nei confronti sua di noi stesse che della persona che ci sta accanto. Il problema nasce quando ci sentiamo in dovere di sentirci così… io non sono mai stata svalutata apertamente ma ho impresso il ricordo di uno sguardo tra lo schifito e il pietoso un giorno che, tornando da giorni fuori per un ricovero, non ero (ovviamente) al mio top. Ricordo come pur non parlando, fissandomi solo per pochi secondi, mi fece sentire inadeguata. Ed eravamo soli e anche lui di corsa e assolutamente non in tiro.
Ecco… io non voglio mai più sentirmi inadeguata per nessuno. E il fatto che hai detto più volte tu, di aver avuto bisogno di isolamento perché non stavi più bene in mezzo a nessuno è capitato anche a me in diverse fasi. Solo le ultime volte, presa coscienza che era una storia col timer, anche se non sapevo il perché, mi sono forzata a non abbandonare del tutto le mie cose…
In passato mi aveva fatto perdere anche grossi colpi sul lavoro… oltre che disastri in famiglia, su più fronti.
Diciamo che queste sue scadenze, anche se le ultime sono state abbastanza lunghe, mi hanno reso possibile vivere l’allontanamento da quando ancora ci parlavamo. Io mi sento in fase di distacco da oltre un anno, anche se in molti di questi mesi eravamo in contatto.
Cara Firefox,
sì…volevo dire esattamente quello: che desideravo essere sempre al “massimo” per avere la sua approvazione, inconsciamente.
Anche se io e lui abbiamo condiviso situazioni, spesso, per una passione che condividevamo, nella quale di certo il “trucco e parrucco” era impossibile per il contesto, però anche in quel caso mi ponevo sempre al meglio.
Devo dire che dal punto di vista estetico non mi ha mai svalutato, anzi.
Mi ha sempre detto, anche alla fine, che lui era ossessionato da me dal punto di vista dell’attrazione fisica.
Mentre mi ha svalutato pesantemente nella mia personalità e identità, mi ha accusato di cose che non ho mai fatto, quali controllarlo, voler avere spiegazioni sul nulla, di gelosia senza motivo, di essere una donna insicura, incline al melodramma…e la finisco qui.
Il bello è che ci ho creduto, un anno fa, di essere così…ero completamente plagiata e destabilizzata.
L’altro giorno stavo mettendo a posto l’armadio e ho aperto il cassetto della lingerie, ho rivisto una marea di cose che ho acquistato e poi indossato per lui…non immaginarti cose volgari, solo cose belle e anche costose.
Ho pensato: faranno la muffa prima che mi verrà voglia di indossarle nuovamente!
Però l’ho fatto sempre di mia iniziativa e non mi sono mai sentita spinta a farlo, se fosse stato sincero e mi avesse amato veramente sarebbe stato il momento bello e speciale che io ho sempre creduto che fosse.
Facciamoci coraggio che la direzione che abbiamo preso è quella giusta!
Buona serata
Anche io sono stata vittima di un narcisista patologico per tre anni, forse anche psicopatico. Non ho capito bene la differenza. Ne sono uscita da qualche mese vederlo non mi fa proprio alcun effetto. Ma sono caduta nella mani di un altro che sembrava sano e completamente diverso dal primo. Invece è un narcisiata covert con disturbi di personalità. Mi ha scartata dopo avermi riempita di belle parole fino a qualche giorno prima. Questa esperienza condita di manipolazioni del silenzio e chissà quante altre, mi ha devastata. Poi grazie a internet ho capito tutto. Devo guarire dalla co dipendenza. Ma nel frattempo ho il terrore di incontrare altri pazzi e di non riconoscerli… grazie se qualcuno risponderà.
Angelina non temere. Li riconoscerei senz’altro. Il narcisismo covert sembra l’opposto dell’altro. Per quello si rischia di cadere dalla padella alla brace. Quando ci si scotta si cerca di trovare tutto ciò che era assente nell’altra persona. Se ti scotti con un donnaiolo, cerchi l’introversione, la timidezza e chi sembra non essere interessato al genere femminile volendolo con tutte le tue forze senza pensare che gli estremi racchiudono sempre una nota patologica.